LA PRIMAVERA BOHO .... KITSCH

LA PRIMAVERA BOHO .... KITSCH

domenica 1 luglio 2012

LA TECNICA CLOISONNÉ NELL’ARTIGIANATO CINESE E GIAPPONESE


La tecnica del cloisonné è antichissima: i primi reperti risalgono al XIII secolo a,C. nonostante la sua complessità è stata praticata in tutte le culture. Da Bisanzio, dove intorno al XII secolo raggiunse il massimo fulgore, attraverso la “via della seta” è stata esportata in Cina e da qui in Giappone.

Le ragioni della smaltatura non si limitano solamente ad un trattamento anticorrosivo delle superfici per acciaio e alluminio, ma – fin dai tempi più antichi - han trovato utilizzo nelle opere di grande valore artistico. L’attrazione degli oggetti in cloisonné, è basata su quattro componenti:

la varietà e la libertà delle forme

lo stile e l’eleganza dei disegni

la profondità, la chiarezza dei colori e le loro sfumature

la complessità della tecnica, nonostante appaia estremamente semplice ad un primo sguardo.


Introduzione

Cloisonné é un termine che deriva dal francese cloison, che significa “tramezzo, parete divisoria”; si riferisce a un procedimento di smaltatura - su un supporto di metallo nobile come l’oro o l’argento, ma anche su rame, bronzo e ottone - sul quale si fissano dei fili metallici dello stesso materiale, che dividono la superficie in piccole sezioni. Queste vengono riempite con una pasta di smalto colorato – solitamente di colore opaco – e poi cotte, strato dopo strato, fino alla formazione di una superficie compatta che viene rifinita con levigatura e lucidatura. A parole il procedimento sembra piuttosto semplice, ma nella realtà comporta un lavoro assai lungo e meticoloso. Questa tecnica si è sviluppata per secoli fino a diventare un’arte di grande prestigio, specialmente per una sempre più ampia disponibilitá di coloranti.


Origini della tecnica “cloisonné”

IL cloisonnnné sembra trovare origine nel XIII secolo a.C. Sono di questo periodo sei anelli d’oro decorati a smalto cloisonné, ritrovati nel 1952 in una tomba di civiltà micenea a Konklia (l’antica Paphos), sull’isola di Cipro. Successivamente, è stata riscoperta a Kurion - sempre a Cipro - un’altra tomba datata all’XI secolo a.C., con un magnifico scettro in oro decorato in pasta di vetro cloisonné. Dopo questi oggetti sembra sia passato un lungo periodo di silenzio, di ben venti secoli. Ciò tuttavia non significa che in questo lungo arco di tempo la tecnica cloisonné sia stata abbandonata. La causa è da trovare probabilmente nella fragilità di molti antichi oggetti cloisonné, andati perduti nel tempo.

Nella storia del cloisonné il successivo importante avvenimento è uno scritto del monaco Theophilus, il quale, nel suo Diversarum Artium Schedula - che risale alla fine dell’XI secolo d.C. ed è una enciclopedia delle tecniche artistiche e artigianali del tempo - descrive in modo molto dettagliato il procedimento utilizzato nella smaltatura cloisonné praticata dai bizantini, che si limitavano all’utilizzo dell’oro in questa produzione. Ciò dimostra che la tecnica non era scomparsa, anche se i reperti sono piuttosto scarsi. Fra le testimonianze d’epoca vicina sono un piatto di rame cloisonné datato alla prima metà del XII secolo, con scritta in arabo, e un altro piatto del 1150 –sempre di produzione islamica - con sei medaglioni raffiguranti leoni, aquile, grifoni e palme, anch’esso con parole in caratteri arabi.


Ma la più grande opera del tempo in smalto cloisonné su oro è la “Pala d´oro”, di scuola bizantina, che si trova nella chiesa di S. Marco a Venezia, proveniente da Costantinopoli (Istanbul) e risalente all’XI secolo. In quest’epoca avvenne qualcosa di molto importante nella storia del cloisonné: attraverso la “via della seta” questa tecnica venne esportata in Cina.



Cloisonné “made” in Cina

La letteratura tuttavia indica il XV secolo come l’inizio della smaltatura cloisonné in Cina, perché a questo periodo risalgono con certezza i primi reperti. Per la maggior parte si tratta di particolari oggetti per uso cerimoniale nei luoghi di culto. La dinastia Ming (1348-1644) è famosa per lo sviluppo della tecnica cloisonné. In questo periodo si creavano oggetti anche di grandi dimensioni, dato che si fece maggiore uso di metalli non nobili come il rame o le leghe di rame. Quando lo spessore del metallo di base era troppo sottile, si applicava lo smalto anche sul retro, ossia sull’interno dell’oggetto. Lo smalto, con la sua rigiditá vetrosa, aumentava così ulteriormente la resistenza meccanica. Nella preparazione di oggetti preziosi il successo della smaltatura cloisonné fu dovuto in gran parte al fatto che questo metodo offriva un vantaggio economico rispetto ad altri procedimenti, come il champlevé, che consiste nello scavo di nicchie sulla superficie di metallo, che poi vengono riempite di smalto; l’effetto ottico è somigliante a quello del cloisonné, ma lo spessore del metallo deve essere maggiore per consentire lo scavo; ciò che comporta un aumento dei

costi di materie prime. Quando si vede un oggetto interessante in cloisonné, sarebbe opportuno conoscere anche la data della produzione per giudicarne il valore. Purtroppo questo non è facile, specialmente

quando l’oggetto si riferisce all’epoca Ming. A volte vi sono dei segni o dei simboli che identificano l’imperatore del periodo in cui l’oggetto fu creato. Un grande aiuto lo si ottiene quando si ha un simbolo regio, che indica la destinazione alla casa reale, o che rivela un controllo ufficiale della produzione. Ci sono tre classi di marchio: quello previsto nello stampo al momento della colata della lega di rame, il marchio aggiunto a stampo prima del riempimento a smalto, infine quello inciso a mano. Gli ultimi sono di dubbia autenticità: sembra perfino che la falsificazione sia stata praticata su grande scala e anche con maestria. Non era raro che si cambiasse il basamento metallico di un oggetto con un altro provvisto di marchio falsificato, o si creassero appositamente degli inserti per introdurre un segno fittizio. Molti oggetti comunque non hanno alcun marchio e spetta agli esperti la classificazione di tali opere. E le opinioni degli esperti divergono spesso, con datazioni che possono oscillare a volte entro l’arco di un secolo. Tuttavia i seguenti criteri aiutano a definire il Individuazione del metallo di supporto e del tipo di smalto :

caratteristiche dei fili usati per la creazione delle celle

metodo di fabbricazione

forma dell’oggetto

stile della decorazione

numero dei colori usati e lavorazione della bordura


I primi pezzi creati erano piuttosto semplici. Si usava bronzo (lega di rame e stagno) come metallo di supporto. Si usò anche l’ottone (con lo zinco al posto dello stagno in percentuale fra il 20 e il 30%) che aveva un colore giallastro, più simile al colore dell’oro. All’inizio del XVI secolo fu introdotto il rame in lastre. Questo materiale si poteva battere e saldare come si desiderava. Così si abbandonò il metodo della fusione rendendo il lavoro più facile e veloce.

Un grave problema nella tecnica cloisonné era costituito dai divisori delle celle: questi fili dovevano essere molto fini e flessibili per seguire la forma del disegno e dovevano essere saldati al supporto metallico. All’inizio si partiva dal lingotto di bronzo, che doveva essere battuto fino ad ottenere uno spessore minimo. Il procedimento comportava un problema in quanto, martellando il metallo, questo diveniva sempre più duro e quindi necessitava di un’ulteriore cottura per riacquistare la malleabilità ed evitare il rischio che il filo si spezzasse durante la formatura o durante la saldatura al supporto o la cottura dei diversi strati di smalto. Questo inconveniente ha lasciato traccia almeno nella metà degli articoli prodotti fra XV e XVI secolo. La difficoltà venne finalmente superata nella seconda metà del XVII secolo, quando le leghe di rame furono sostituite da fili di rame, che meglio si prestavano a questa lavorazione. Alla fine del XVII secolo venne pure eliminata la saldatura dei fili metallici con l’utilizzo di una colla prodotta dalle radici del loto, che teneva i divisori metallici in posizione fino alla cottura del primo strato dello smalto, con cui si fissavano pure i fili di rame sul supporto. Anche in questo processo tuttavia vi era un certo rischio, in quanto era lo smalto a tenere i fili e, se l´adesione della pasta vitrea risultava insufficiente, si staccava insieme ai fili. Per l´arte decorativa del cloisonné la policromia era di primaria importanza. Tuttavia la gamma dei colori disponibili nei primi oggetti del periodo Ming era molto limitata. Si avevano a disposizione il blu, il verde scuro, il rosso cupo, l’ocra, il marrone cioccolato e il bianco. Questi colori – di solito – non erano neanche chiari e puri. Ma con lo sviluppo della tecnologia migliorò pure la qualità e l’assortimento dei colori. Non si deve dimenticare che i coloranti, resistenti ad alta temperatura, servivano anche per la colorazione dl vetro in fusione e per gli oggetti in porcellana, tecnologie che videro uno sviluppo parallelo al cloisonné. Vi fu quindi un’evoluzione produttiva su larga scala e spesso si dovette ricorrere all’importazione delle materie prime, come i coloranti.


La tecnica cloisonné nel XVII secolo

Il XVII secolo viene considerato il periodo più importante per la tecnica del cloisonné: i nuovi metodi permettevano una produzione in serie. Vicino a Pechino fu fondato verso 1680 un nuovo centro di produzione sotto il controllo imperiale. La qualità era di alto livello e il cromatismo decorativo includeva alla fine anche il rosa, il rosso porpora, il giallo e il verde chiaro, il turchese, il grigio e diverse sfumature di marrone. I colori di questa produzione risultavano in generale più puri e durante la cottura non si mischiavano fra di loro. Si riusciva perfino ad usare 4 colori diversi per cella, con sfumature che non asciavano scorgere la delimitazione del singolo colore.

Vennero aggiunte anche le ombreggiature ad ogni colore, una tecnica importante specialmente per quanto riguarda i disegni floreali. Alla fine del XVII secolo apparvero delle decorazioni con figure umane, animali e uccelli. Terminato il procedimento di fabbricazione e rifinitura degli oggetti, si applicava di solito una copertura dorata sulle parti metalliche, per adeguare l’aspetto del supporto all’eleganza della decorazione a smalto e per coprire anche eventuali difetti di lavorazione. In molti oggetti cloisonné, seppur molto belli, si possono notare piccoli pori, e questo indipendentemente dal periodo di produzione. La causa di tali imperfezioni è probabilmente da ricercare nella qualità dello smalto usato e nelle condizioni di cottura. Nel caso che un’imperfezione fosse troppo visibile si utilizzava un po’ di cera colorata per mascherare l’inconveniente. Ma quale fu il periodo più prospero in Cina per la smaltatura con la tecnica cloisonné? Secondo molti testi e secondo l’opinione degli esperti, risulta che nella dinastia dei C´ien-lung (seconda metà del XVIII secolo) la tecnica della produzione come la qualità degli articoli e lo stile dei disegni avevano raggiunto i massimi livelli. Purtroppo già nel periodo successivo la qualità cominciò a calare. Nel diciannovesimo secolo prevale la lavorazione in serie e si cominciano a produrre oggetti direttamente per l’esportazione. E il materiale prodotto in grossi quantitativi, come accade spesso, non corrisponde più a un livello qualitativo molto alto, specialmente se si tratta di merce che richiede un complesso procedimento lavorativo così come anche un impegno a livello artistico.


Tecnica Cloisonné made in Giappone

La tecnica del cloisonné in Giappone è giunta più tardi, dalla Cina. Le prime applicazione erano limitate a oggetti complementari come il decoro per monumenti o edifici (1436-1490); poi la tecnica è stata impiegata per decorazioni di spade e oggetti cerimoniali; successivamente è documentata –fra l’altro- da un crocifisso decorato (1614), e da maniglie per porte scorrevoli (1616). La scuola Hirata, fondata approssimativamente nel 1620, fu famosa per intarsi in smalto su spade di rappresentanza. In questa scuola si è insegnato e lavorato fino alla seconda metà del XIX secolo, con smaltature di piccoli oggetti, di solito su oro, per lo più di una qualità molto alta. La vera smaltatura cloisonné che ricopre interi oggetti cominciò solo nel 1838, quando Kaji Tsunekichi analizzò attentamente la produzione cinese e creò su quel modello alcuni pezzi per conto proprio. I primi campioni non erano molto convincenti, tuttavia proseguendo con molta pazienza e determinazione, la qualità cominciò a migliorare sempre di più fino a quando, verso il 1850, fu riconosciuto ufficialmente come produttore di opere a tecnica cloisonné. In questo periodo formò anche allievi, che successivamente furono gli insegnanti dei grandi maestri della smaltatura cloisonné in Giappone. Uno di questi allievi, un certo Kaisuke, applicò la tecnica cloisonné al decoro delle porcellane. Nel 1871 nacque una nuova fabbrica, la Nagoya Cloisnné Company, a Toshima. La tecnologia avanzava adesso rapidamente, e lo dimostra anche il fatto che la ditta Nagoya vinse il primo premio alla mostra di Vienna nel 1873. Questo diede il via ad altre iniziative di produzione con la tecnica cloisonné e in breve tempo la città di Toshima divenne il centro della smaltatura in rame. La città era soprannominata Shippo-mura o Shippo-cho, cioè Villaggio o Città Cloisonné. In seguito la produttività di questa zona si estese a tal punto da coprire due terzi della produzione giapponese. Nel 1876 il governo Meiji adottò una nuova politica per modernizzare l’industria esistente e invitò per questo motivo alcuni esperti dei Paesi occidentali. Dalla Germania giunse G. Wagener, un chimico esperto in smalti vetrosi e sistemi di cottura. Egli introdusse nuovi tipi di smalti con un campo di cottura più vasto e superfici più brillanti: i colori risultavano più intensi e profondi; e dimostrò che si potevano persino eliminare i fili metallici che tenevano lo smalto in posizione, anche per ricoprire sezioni più ampie. In breve, si era riusciti a migliorare l’aspetto estetico degli oggetti cloisonné oltre a semplificare il processo di lavorazione. Il periodo d’oro per la smaltatura è stato dal 1880 fino al 1910, durante il quale centinaia di botteghe artigianali lavoravano incessantemente per soddisfare la vasta richiesta di esportazione in Europa.




Nessun commento:

Posta un commento